venerdì 28 giugno 2013

L'intervista a Warren Mosler, economista MMT

Ho intervistato Warren Mosler, economista americano, co-fondatore della MMT (Modern Money Theory), una teoria economica di derivazione keynesiana. In Italia ha effettuato un tour che si sviluppato dalla Sicilia al Nord, su invito di Paolo Barnard, l'organizzatore.


LPF: «Mr. Mosler, sono molto onorato di poter scambiare alcune idee di economia con lei. Sono anche io un economista, ma non keynesiano. Sono qui tuttavia in veste di giornalista per il giornale online, “BorsaPlus.com“, che dirigo e per gli amici di Umbria TV. Tutta questa gente che viene ad ascoltare lei e Barnard mi ricorda un po’ ciò che è già successo a Grillo, secondo lei perché accade tutto questo e che effetto le fa?».

Mosler: «Speriamo che io possa spiegare al meglio a queste persone che cos’è la Moderna Teoria Monetaria, e far capire che la disoccupazione è la prova che il deficit è troppo basso».

LPF: «Mr. Mosler puo’ riassumere nel modo più succinto possibile che cosa è la MMT?».

Mosler: «Si, la valuta è un monopolio. Tutta la moneta viene dal governo se non è contraffatta. E se lo Stato non spende abbastanza da coprire le tasse, e il desiderio di risparmiare, conseguenza di ciò è quel che noi chiamiamo disoccupazione, delle persone che cercano un lavoro remunerato ma non lo trovano. La risposta non è difficile: bisogna semplicemente rendere il deficit più grande; e si può fare in due modi, tagliando le tasse o aumentando la spesa pubblica, oppure una combinazione delle due».

LPF: «Veniamo all'Italia, partirei dalla produzione e dal Pil (GDP). Un crollo della produzione nel solo 2012 di quasi il 6,5%, e il Pil che è diminuito del 2,4%.

A marzo 2013 la produzione è a -5,2% sullo stesso mese dell'anno precedente, e il Pil su base trimestrale rispetto al primo trimestre 2012 ha registrato un calo del 2,4%.

Un avvitamento drammatico, peggiore certamente della Germania ma anche della Francia. Lei che spiegazione dà di questa crisi e delle differenze con altri paesi europei, in primis la Germania?».

Mosler: «Il collasso dell’economia è sempre causato dal collasso della spesa. La produzione è crollata perché la spesa è crollata. Quando le imprese non riescono a vendere quello che producono non possono più produrre. Quando un ristorante è pieno non licenziano nessuno».

LPF: «ma, le differenze…».

Mosler: «I paesi che sono stati afflitti di più da questi avvenimenti sono quelli che avevano un alto tasso di risparmio, quelli che avevano una struttura del risparmio più alta, una più alta propensione al risparmio, e sappiamo tutti che l’Italia aveva un tasso di risparmio molto alto. Il deficit del budget era uguale a quello della spesa, il deficit del budget era uguale al risparmio delle persone quando avevamo la lira. La stessa cosa accadeva in Germania, ma lì avevano un risparmio più basso, quindi, quando è stato stabilito questo tetto del 3% di deficit/pil uguale per tutti, ha colpito di più i paesi che avevano un tasso di risparmio maggiore, mentre invece la Germania, avendolo più basso, non è stata colpita allo stesso modo. Questa politica ha colpito l’Italia per essere un paese di grandi risparmiatori e l’austerità sta praticamente costringendo l’Italia a ridurre il deficit, quindi sta intaccando anche i risparmi degli italiani».

LPF: «Ok, quindi questo spiega anche l’andamento anomalo della disoccupazione, secondo lei? Mi spiego, dal 1996 al 2005 il tasso di disoccupazione in Italia è sceso gradualmente e senza interruzione, come una retta inclinata, dal 12% fino al 6%. Noi facemmo meglio della Francia. Il tasso di disoccupazione oggi qui da noi è raddoppiato, raggiungendo il 12%. Siamo seguiti a ruota dall'Europa e dalla Francia all'11%.

Ora, la Germania ha performato esattamente all'incontrario dell’Italia, passando dall'11% di prima di quest’ultima crisi, diciamo a metà del decennio scorso, all'attuale 5,5%.

Dove bisogna cercare la spiegazione di questo andamento quasi speculare della disoccupazione nei due paesi? La causa è nelle differenti propensioni al risparmio o c’è un motivo diverso, magari da ricercarsi anche nell'economia reale?». 

Mosler: «La risposta è sì, tuttavia la questione è un po’ più complicata. Prima della crisi in Italia era il settore privato che stava spingendo in misura maggiore rispetto alla Germania. La Germania sta tuttavia attraversando anch’essa un periodo di recessione, e se noi guardiamo ai consumi dei tedeschi vediamo che stanno scendendo, stanno subendo una crisi». 

LPF: «Ancora sulla MMT, per sintetizzare, lei ha una ricetta keynesiana per far uscire l'Italia dalla crisi, che rapporto vede tra spesa e inflazione?» 

Mosler: «Innanzitutto bisogna ricordare che Keynes agiva in un periodo in cui vigeva ancora lo standard aureo, non gli piaceva, ma la realtà era quella. Oggi abbiamo dei cambi variabili, anziché fissi, quindi non è del tutto esatto chiamarla una politica keynesiana. In un certo senso rimanda molto alla teoria di Keynes, quindi capisco il perché della domanda… potremmo dire che è sempre una teoria di Keynes tradotta da un sistema di tassi di cambio fissi a uno con tassi di cambio variabili». 

LPF: «Tuttavia in rapporto alla Germania il tasso di cambio italiano ora, con l’euro, è equiparabile di fatto ad un tasso fisso …». 

Mosler: «L’Italia e i paesi dell’Eurozona sono passati dall’essere paesi che emettevano la propria valuta a paesi che emettono una valuta che è l’euro, ma che in realtà non la emettono singolarmente. Tuttavia l’euro è una moneta a tasso di cambio variabile. Quindi il primo suggerimento che noi diamo è quello di allentare il tetto di spesa (in rapporto al pil) dal 3% almeno all’8-9%, e ciò richiede una garanzia piena da parte dei governi». 

LPF: «Ancora sull'euro. Andrebbe bene questa ricetta per l'Italia, magari in parte, anche dentro l’euro o bisogna uscire dall'euro?». 

Mosler: «Se ci può essere questo allentamento del rapporto deficit/pil dal 3% all’8%, allora tutte queste politiche potrebbero essere applicate anche all’interno dell’eurozona. Probabilmente la disoccupazione diminuirebbe e il resto dei problemi non apparirebbe così grave». 

LPF: «Molte grazie Mr. Mosler, è stato un piacere averla ascoltata». 

Dunque, Warren Mosler, in buona sostanza, ritiene che la spesa pubblica viene prima delle tasse. Prima spendere e poi tassare. In quest'ottica evidentemente –ne consegue– non ha alcun senso limitare il tetto della spesa pubblica al 3%, perché potrebbe andar bene il 4%, il 7% o il 10%, dipende solo dalle circostanze, non da una regola a monte predeterminata.

Sono le h. 17:10, io sono un po' preoccupato di aver tolto troppo spazio all'incontro con il pubblico. Invece Mosler, a sorpresa, mi chiede di parlare ancora di economia. Gli faccio vedere allora il mio libro sell'economista francese Bastiat, gli ribadisco di non appartenere alla scuola keynesiana, ma di avere piuttosto un gran rispetto per certe intuizioni di economisti come Schumpeter –lui dice di conoscerlo, e ne scaturisce un breve scambio di opinioni sul ruolo delle "innovazioni"–, e di Friedman –ovviamente Mosler sa chi è, e accenniamo alle questioni dell'origine dell'inflazione e del ruolo della politica monetaria. Ma non voglio prendergli altro tempo. Ci scambiamo i biglietti da visita e la promessa reciproca di trovare il modo di riprendere questi temi e di approfondirli, magari in un contesto diverso da un’intervista. 

Ora lo lascio davvero al suo momento di gloria. Ancora un saluto a lui e alla graziosa interprete Francesca, e scende al piano di sotto. Ma pochi minuti dopo risale insieme a Barnard. La prima impressione che ho avuto all’apparire di Mosler, era di trovarmi di fronte ad una persona altruista. Non mi ero sbagliato. Negli accordi iniziali avevo chiesto di intervistare anche lo spigoloso giornalista, già tra i fondatori di Report con la Gabanelli e ora datosi alla politica, ma poi il tempo sembrò non bastare e la cosa era rimasta in sospeso. Gli dico se ha qualche minuto per noi. Accetta al volo e ne nasce una breve intervista. Ma di essa parleremo in un altro articolo.

Alla fine della parte pubblica –un successo, circa 300 persone presenti– scopro che ad ascoltare Mosler e Barnard c'erano parecchi pentastellati locali. Ne incontro uno, dei più in vista; non faccio a tempo neppure a salutarlo che mi dice «corro a comprare una stampante» [per stampare soldi]; sto al gioco e rispondo «le Epson, nonostante tutto, mi sembrano ancora le migliori». Scintille, con il movimento di Grillo, o una sua parte, nient'affatto estemporanee.

Mosler risponde poi a domande sul perché del differente andamento delle economie di Italia e Germania, ecc., e precisa cosa bisognerebbe fare per risolvere i problemi dell'Italia.

Luciano Priori Friggi
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