lunedì 27 luglio 2020

Il Modello che ha previsto esattamente l’evoluzione e la fine del “ciclo epidemiologico” della COVID-19 da metà marzo 2020

 Covid-19: il “caso” Italia. Il Modello che ha previsto esattamente l’evoluzione e la fine del “ciclo epidemiologico” da metà marzo

Due scuole di analisi e previsione si contendono l’attenzione del pubblico e dei governi, quella statistico/matematica e quella fisico/matematica. Qui viene proposto un nuovo modello (poco più che una BOZZA) che supera i limiti di entrambe

Le grandi crisi, siano esse di natura economica, sociale, o, come nel caso di cui si tratta qui, di origine epidemiologico-sanitaria, finiscono inevitabilmente per incidere in modo duraturo sulla vita delle persone e, più in generale, sulle stesse modalità in cui lo Stato si rapporta ai cittadini. Le stessa gerarchia decisionale degli stati può subire stravolgimenti sostanziali, con una delega a volte di fatto, più spesso esplicita, di ampi poteri decisionali, riguardanti le stesse libertà fondamentali dei cittadini, trasferiti a esperti in nome della scienza e ai governi.

Oggi che il quadro complessivo di queste trasformazioni è più preciso, non credo sia esagerato sostenere che siamo di fronte ad una svolta epocale rispetto a come il pianeta ha strutturato negli ultimi decenni le relazioni tra economia e stato nazionale, e tra questo e le libertà dei cittadini.

È poiché l’irruzione del Sars-Cov-2, con la correlata malattia Covid-19, sono stati una specie di gong per l’innesco del processo suddetto, è essenziale, per giudicare la congruenza delle misure adottate dai governi e la portata delle tendenze innescate, penetrare meglio i “segreti” di questo virus e la “potenza” distruttiva della malattia causata.

Due tendenze

Le organizzazioni internazionali in campo sanitario ―come il WHO (OMS – Organizzazione mondiale della sanità)― a fronte dell’irruzione del Sars-Cov-2, con la correlata malattia Covid-19, sono state chiamate a dare indicazioni operative agli stati, non senza creare frizioni (Donald Trump).

La contrapposizione si è trasferita rapidamente sul piano politico all’interno degli stati, con la formazione di due “partiti”, “Pessimisti” e “Ottimisti”, o anche “Catastrofisti e “Negazionisti” (prendendo come riferimento la terminologia usata dai rispettivi avversari). Una sorta di  riedizione della cinquecentesca contrapposizione fiorentina tra “Piagnoni'” e ” Arrabbiati”.

Lo stesso termine “pandemia”, utilizzato dal WHO, è stato salutato positivamente dai “catastrofisti” e contestato dai “negazionisti”. I più estremisti tra questi ultimi sono arrivati a ipotizzare che  la Covid-19 sia un’invenzione degli stati per rafforzare e concentrare il potere nei rispettivi esecutivi.

Allarmismo e Scienza

Il dottor Anthony Fauci, esperto di malattie infettive del governo Usa di recente ha rilasciato una meditata valutazione sul Coronavirus (termine corrente utilizzato per il Sars-Cov-2) in cui ha definito la pandemia in corso il suo “peggior incubo” (“In un periodo di quattro mesi, ha devastato il mondo intero”), insistendo sul fatto che la lotta contro la sua diffusione è tutt’altro che conclusa. Ma interessante, ai fini di questo studio, è anche la dichiarazione quasi di impotenza: “Mio Dio (“Oh my goodness”)”, “Dove andrà a finire? Siamo ancora all’inizio di una vera  comprensione”.

Quanto all’Italia, poiché in questa trattazione ci si limita in particolare a questo singolo “caso”, il suo ministro della sanità, Roberto Speranza così si è espresso: “Oggi possiamo dire che non c’era alternativa alla durezza delle misure adottate”, misure che, com’è noto, si sono caratterizzate per un lockdown “cinese”. Tutto giustificato sotto l’ombrello della scienza.

Scienza cioè modelli

Attenzione, modelli non vuol dire sempre scienza. Su quali modelli si saranno basate previsioni del tipo “Covid come la Spagnola. Riprese ferocemente a settembre” (delegato italiano dell’Oms, Ranieri Guerra), oppure “se riapriamo tutto potremmo trovarci entro l’8 giugno con 151mila persone in terapia intensiva” (in Italia oggi i ricoverati in TI sono 46)?

Il modello più noto in epidemiologia è il SIR, acronimo di Susceptible (“Suscettibili”), Infected (“Infettati”) and Recovered (“Recuperati”/ “Guariti”). Gli scenari previsionali correnti sono basati su tale modello, compresi quelli del celebre Imperial College di Londra (ICL).

Neil Ferguson dell’Imperial College London – Fonte: wikipedia

Purtroppo tali modelli, analogamente a quelli di economia, ad un certo punto hanno fatto il “salto di specie”: da modelli di scuola, buoni per esercitazioni del primo anno di biologia, giusto per far capire certe dinamiche, sono diventati realtà con cui misurarsi. I problemi nascono anche perché è difficile che i dati dei Susceptible, degli Infected e dei Recovered siano disponibili in forma accurata e affidabile. Ma se li si mette in discussione arriva la difesa a oltranza ―non molto diversamente che nella contrapposizione di cui si è parlato sopra― con contorno di accuse, anche pesanti. Si pensi a quanto accaduto in Inghilterra a marzo, quando Sunetra Gupta e la sua squadra di Oxford hanno seminato dubbi sul modello imperiale di Roy Anderson e Neil Ferguson, ricevendo  per tutta risposta attacchi ―lo ha fatto Ferguson ― con termini come “ridicolo”, “pericoloso”. Era il periodo in cui in Italia si è demonizzata persino la “passeggiata” individuale.

L’Apocalisse non dovrebbe sostituire la scienza, ma Giuseppe ConteDonald Trump e Boris Johnson a marzo sono stati sommersi da rapporti con proiezioni apocalittiche. Neil Ferguson, nell’ipotesi che “il governo non fa niente”, profetizzò che in UK si sarebbero avuti ―nel “worste case” (“caso peggiore”)― 500mila morti, e negli Usa 2,2mln (nel “best case”, in risposta a una domanda di un giornalista del NYT, la metà secca, 1,1mln).

Un discorso a parte meriterebbero gli indici Ro e Rt. Mancando lo spazio, riporto il giudizio del prof. Enzo Ballatori, uno statistico esperto, espresso al termine di un discorso molto tecnico: “…non vedo quale apporto conoscitivo possa dare Rt. Eppure Rt sta ancor al centro dell’attenzione”.

Accanto al ICL è salito all’attenzione del grande pubblico anche il modello “Matematico-Generativo” (o fisico/matematico) dell’inglese Karl Friston, celebre neuroscienziato con il pallino della matematica. La sua idea centrale è che si debba  “guardare sotto il cofano”, riordinando i dati gerarchicamente, alla ricerca della “causa”, e ricorrendo ad una tecnica chiamata inferenza bayesiana.

Ma anche tale modello non ha dato buona prova, dato che ha previsto un numero dei morti in UK oscillanti tra 14-22mila unità, quando a tutt’oggi si è arrivati a 45.700. Friston è un tipo originale. La sua idea più strampalata sembrerebbe  quella della “materia oscura” immunologica, ovvero una causa non facilmente rintracciabile, che rende una popolazione più immune di altre per ragioni al momento imperscrutabili (i tedeschi potrebbero avere una maggiore immunità storica, tutta da scoprire). E tuttavia, come altre idee di Friston, anche questa va tenuta nel conto, più per gli stimoli che dà che per i risultasti pratici che genera. Insomma va bene cercare le “cause”, “guardare sotto il cofano” o tirare in ballo la “materia oscura”, ma poi quel conta sono i dati delle previsioni e la loro accuratezza. Solo così si può sperare di aver ottenuto una buona imaging virtuale dei processi reali, cui spetta il giudizio finale.

Il modello

Il modello qui proposto prende in esame il dato più certo, i decessi, mentre per quanto riguarda la sua struttura, assume la stagionalità come elemento caratterizzante.

Riguardo al secondo aspetto, non appena ai primi di gennaio arrivarono dalla Cina i files del virus, si vide subito che aveva il 70% di elementi strutturali in comune con Sars-CoV (2003) e Mers-Cov (2012). Il Sars-CoV, il più affine dei due (hanno in comune anche il recettore ACE2), comparve a novembre, per scomparire a giugno, mostrando una spiccata stagionalità. Era lecito pertanto ipotizzare già da gennaio di quest’anno un andamento simile per il nuovo virus che, non a caso, prese il nome di SARS-CoV-2.

Ulteriori ricerche hanno evidenziato un analogo comportamento stagionale nell’influenza di Hong Kong, il cui virus è il primo della lista dei sette coronavirus conosciuti: partita nel luglio del ’68 in Asia impiegò 18 mesi ad arrivare in Italia, mettendo a letto 13 mln di persone, riempiendo gli ospedali e facendo 5mila morti.

L’ipotesi che il SARS-CoV-2 fosse un virus stagionale era inoltre confermata dai dati cinesi che già ai primi di marzo mostravano un deciso trend discendente nel numero dei decessi.

I grafici

Una volta stabilito il quadro generale di riferimento, è cioè stagionalità del virus e priorità all’analisi dei decessi, si è reso necessario stabilire quanti dati fossero necessari per far sì che il “motore” matematico interno del modello riconoscesse la dinamica dell’epidemia, espressa in durata temporale e numero dei decessi, e producesse una previsione attendibile. Empiricamente si è visto che ciò era possibile con 20-25 giornate dall’inizio della conta dei decessi. Per l’Italia la sequenza effettiva delle prime 5 giornate (dal 24 febbraio) è questa: 4, 0, 0, 5, 4. Come si vede ci sono due giornate con zero decessi che, se reiterati, avrebbero segnalato una mancanza di forza del virus che non avrebbe permesso alcuna analisi significativa. Ma a  partire dalla sesta giornata i numeri si fanno più consistenti e il trend prende corpo. Raggiunte le 20-25 giornate il modello è stato in grado di genere l’intera sequenza teorica della “pandemia”  con il relativo numero di decessi totali previsti.

Quello che segue è il grafico con i dati reali (barre) dei primi 22 giorni e la proiezione dei decessi (linea continua) lungo tutta la durata prevista dell’epidemia che si sarebbe estesa, secondo il modello, fino alla seconda metà di luglio.

1. Simulazione del 16/03/2020 dell’andamento dei decessi (linea continua) sulla base dei dati dei primi 20 giorni (barre)

Il secondo grafico mostra l’andamento effettivo, rappresentato dalle barre giornaliere dei decessi fino a luglio, confrontato con quello teorico generato a metà marzo.

2. Italia – andamento Teorico (linea continua) ed Effettivo (barre) dei decessi a metà luglio 2020

Come si può vedere, i dati reali della fase iniziale, con la drammatica impennata dei decessi, tendono a posizionarsi al di sopra della linea di trend, mentre nella discesa al di sotto. Abbastanza accurata la previsione sui decessi: al 14 luglio il totale previsto era di 36.533, a fronte del dato reale di 34.984. Uno scostamento più che accettabile, tenendo conto del fatto che la previsione è di 4 mesi prima.

Naturalmente il modello completo è costituito da un insieme di strumenti di analisi molto potenti, che prevedono il monitoraggio del trend lungo tutta la sua durata.

I dati della parte destra del grafico rappresentano una sorta di “sciame” finale, difficilmente comprimibile, data la tipologia odierna della mobilità delle persone su scala interna e internazionale.

Nota finale

In conclusione, cosa ci dicono questi grafici? Innanzitutto che le politiche “dure” dei governi utilizzate per pilotare il corso e l’intensità della pandemia (termine che uso per comodità, ma su cui non c’è accordo scientifico) potrebbero non essere così decisive, visto che essa sembra seguire una sua logica intrinseca. Qui non possiamo riportarli, ma i dati, i grafici e le previsioni sugli altri paesi, a cominciare da quelli sulla Svezia, confortano questa ipotesi.

Dal punto di vista scientifico questo modello testimonia che è possibile superare gli scostamenti drammatici tra gli “scenari” prodotti dal modello ICL (o altri) e la realtà dei fatti.

Aggiornamento

A un giorno di distanza dall’uscita di questo articolo, è arrivata questa sorprendente dichiarazione per bocca di Margaret Harris, portavoce del WHO (OMS): ” La pandemia non è stagionale, sarà una ‘unica grande ondata’. Siamo ancora nella prima ondata della pandemia, sarà ‘un’unica grande ondata’ e ‘andrà su e giù’ “, aggiungendo che ” la cosa migliore è cercare di tenere la curva piatta “. E ha concluso affermando che ” Le persone ancora pensano alle stagioni, quello che dobbiamo tutti capire è che questo virus è nuovo e si comporta diversamente ”.

Contesto con fermezza questa tesi della Harris, non suffragata da alcun dato, se non a livello impressionistico. Della stagionalità dei Coronavirus si sa quasi tutto, quanto al Sars-Cov-2, sul fatto che sia nuovo non c’è dubbio, ma le sue caratteristiche strutturali sono quelle riportate. Il prof. Guido Silvestri della Emory University di Atlanta (dove è a capo del dipartimento di Patologia), diventato piuttosto noto con le sue “Pillole di Ottimismo” su Facebook, ecco cosa dichiarava lo scorso 2 maggio: “Allora ripeto per l’ennesima volta. Quando si dice ‘a questo virus non piace il caldo’ non ci riferisce alla temperatura a cui il virus stesso viene disattivato dal calore, ma alle temperature che rendono instabili le goccioline di fomiti (saliva, starnuti, tosse etc) che trasportano il virus nell’ambiente. Questo meccanismo è noto ai virologi da decenni, e spiega perché tutte le infezioni virali respiratorie sono altamente stagionali con chiarissima predilezione per l’inverno. Onestamente pensavo che fosse un concetto ovvio, di quelli che ogni studente principiante di microbiologia impara nel primo mese di lezione, ma vedo che è bene spiegarlo di nuovo “.

D’accordo, ma credo si debba spiegare meglio l’azione dei raggi solari ultravioletti. Ebbene esistono studi accurati su tale azione. Vista l’importanza dell’argomento faccio un’eccezione e ne cito uno, “UV-C irradiation is highly effective in inactivating and inhibiting SARS-CoV-2 replication“. Uno degli autori, Giovanni Pareschi così riassume l’interazione raggi/virus: “Purtuttavia lo spettro UV-B + UV-A che ci arriva dal Sole è comunque in grado di neutralizzare il virus: in ambienti aperti d’estate a mezzogiorno, il virus può essere inibito dopo circa 10 minuti di irraggiamento, mentre in inverno questo processo ha la durata di alcune ore“.

A suffragare la stagionalità del Coronavirus c’è anche l’andamento aggressivo nei mesi invernali negli stati in cui le stagioni sono rovesciate rispetto all’Europa e all’America del Nord.

Contestabile anche la tesi della Harris sull’ “un’unica grande ondata“. Più sopra, riguardo alla situazione odierna, ho parlato di “sciame”. Per l’Italia l’affermazione è giustificata dall’andamento del grafico. Attualmente non c’è alcuna possibilità che un’ondata di decessi possa ripartire, insomma che si riformi un trend rialzista della curva, non c’è la “forza” sufficiente per innescarlo. Bisognerà aspettare l’inverno per vedere se tale “forza” si ripresenterà, ma in quel caso si tratterà di una nuova ondata, che il software segnalerà tempestivamente (come nella fig. 1), con le previsioni di durata e numero di decessi totali.

[ L’aggiornamento è del 29/07/2020 ]

P.S.: Il software non è in vendita, l’autore del modello tuttavia è disponibile a mostrare a un gruppo di esperti il suo funzionamento, con azzeramento dei dati e immissione ex-novo dei primi 20-25 (dell’Italia o di altri paesi).

Luciano Priori Friggi
Economista, giornalista, autore di libri su Frédéric Bastiat, Machiavelli, Brigantaggio. Docente in corsi Master post-laurea, ex-docente a contratto università

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